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Tirata la leva, il carico sul sidecar a fianco di una delle motociclette cominciò a scendere lungo uno scivolo al termine del quale rimbalzò sull'asfalto e si sparpagliò per la via. Erano piccole sfere di metallo all'incirca delle dimensioni delle biglie dei bambini, solo che erano dotate di punte, e la particolarità era che queste punte sporgenti erano affilate come rasoi.
La motocicletta poi accelerò e fuggì via mentre l'auto della polizia finiva in pieno sul tappeto di frammenti di metallo.
Le due gomme davanti esplosero, seguite un secondo dopo da quelle dietro. Il veicolo slittò privo di controllo mentre il poliziotto alla guida cercava di tenere il volante e nello stesso tempo premeva a tutta forza il pedale del freno. Alla fine, dopo una secca sbandata a sinistra, l'auto finì in un espositore di giornali e poi andò a sbattere contro un palo del telefono che si trovava appena dopo. Un altro microsecondo e l'airbag si aprì schiacciando il poliziotto contro il sedile. Quando la nuvola di polvere prodotta dalla dilatazione dell'airbag si fu diradata, le moto erano già due isolati avanti.
Al poliziotto non restò che togliersi dal viso il pallone e attaccarsi alla radio. «Sono andato a sbattere e li ho persi», comunicò alla centrale.
Quando il carro attrezzi si affiancò alla sua auto civetta, l'ispettore Ling Po era dentro che riceveva informazioni alla radio. La centrale gli aveva appena riferito del furto nella residenza e Po sapeva che il suo diretto superiore, Sung Rhee, si trovava nell'elenco degli invitati, ma non riusciva proprio a capire perché questi non fosse già al lavoro a coordinare gli sforzi per catturare i ladri. Qualche minuto prima aveva ascoltato il rapporto dell'agente che inseguiva i motociclisti autori del furto al tempio di A-Ma e cominciava a pensare che i due crimini fossero collegati. Così balzò fuori dalla macchina in tutta fretta e corse al carro attrezzi.
«Sbrigati ad agganciare la macchina», gridò, «poi mi devi trainare fino a estrada da Penha.»
«Subito», rispose l'autista.
Po rientrò in auto e prese una ricetrasmittente portatile per continuare ad ascoltare mentre l'autista assicurava la sua auto al retro del carro. Di lì a qualche istante stavano percorrendo la strada che faceva il giro della collina per salire fino alla residenza e otto minuti dopo il carro attrezzi si fermò sulla via che passava all'esterno del muro di cinta della casa. L'ispettore si precipitò al cancello. Nel buio, in piedi accanto alla guardiola, c'era una guardia alla quale Po mostrò subito il distintivo.
«Ispettore Ling Po», sibilò. «Polizia di Macao.»
«Sono contento che siate arrivati», disse la guardia. «Il signor Ho sta diventando pazzo.»
«Dimmi che cosa è successo.»
La guardia gli fece una veloce relazione. «Gli ho sparato alcuni colpi», concluse, «ma sono fuggiti.»
Po prese nota della descrizione dei veicoli e la comunicò via radio alla centrale. «Voglio che un bollettino sia diffuso in tutto il territorio. Se qualcuno vede questi automezzi li insegua, ma se non ha un appoggio non deve fermarli.»
Dopo che la centrale ebbe confermato il messaggio, Po si rivolse di nuovo alla guardia. «Hai visto qualche altro poliziotto qui alla festa stasera? Il mio capo, si chiama Rhee, era fra gli invitati.»
«L'ho visto quand'è arrivato», osservò la guardia. «Non se n'è ancora andato.»
Po fece un cenno di saluto e prese subito per il vialetto. Tagliando per il prato, arrivò al portone e lo trovò spalancato. Stanley Ho era seduto su un divano nel salone all'ingresso, un cordless all'orecchio. L'ispettore capo Rhee occupava la poltrona accanto.
«Che cosa è accaduto, signore?» chiese Po a Rhee.
Prima di rispondere l'ispettore si sfregò il viso. «Penso di essere stato drogato. La testa comincia a snebbiarsi adesso, ma ho ancora dei problemi di concentrazione.»
Po annuì, quindi si mise in ascolto di quello che Ho stava dicendo al telefono.
«Che cosa volete dire?» gridava. «Abbiamo chiamato il pronto soccorso.»
«Qui non figura nessuna chiamata», rispose l'operatore.
«Ne riparleremo», concluse rabbioso Ho chiudendo la telefonata. «E lei chi sarebbe?» chiese a Po.
«È l'ispettore Ling Po», si inserì Rhee, «uno dei miei uomini migliori.»
«La situazione è semplice», spiegò Ho sbrigativo. «Stasera è stata rubata un'opera d'arte di inestimabile valore di mia proprietà.»
«Di che si tratta esattamente?»
«È una statua di Buddha d'oro massiccio alta un metro e ottanta.»
«Appena prima di sera hanno trafugato una scultura simile dal tempio di A-Ma. Non credo sia una coincidenza.»
«La cosa mi fa proprio sentire meglio», commentò Ho sarcastico.
«La telefonata che ha appena fatto», volle sapere Po, «su che cosa verteva?»
«Un'ospite ha avuto un malore e abbiamo chiamato una eliambulanza per portarla in ospedale. Solo che l'ospedale dice di non aver ricevuto la richiesta.»
«Ha chiamato lei l'elicottero?»
«No, è stata una guardia della sicurezza, ma io ero lì.»
«Interrogherò la guardia», disse Po.
«È questo il problema», saltò su Rhee. «Le guardie sono sparite.»
«Come? Le ha assunte lei?»
«Le ha procurate la compagnia di assicurazioni», ammise il padrone di casa.
«Di che compagnia si tratta?»
Ho recuperò un biglietto dallo smoking e Po compose il numero. Dopo aver spiegato chi era, mise un po' sotto torchio l'operatrice della compagnia, lasciò il suo numero di cellulare, poi riattaccò. «Sta chiamando il suo capo, signor Ho, ma afferma di non essere stata contattata da lei nell'ultimo mese.»
«È un'assurdità. Un loro perito è venuto qui.»
«Era il suo solito agente?» domandò l'ispettore.
Improvvisamente tutto divenne chiaro agli occhi di Ho. L'avevano incastrato fin dall'inizio. «Bastardi», gridò. Spazzò con un braccio un tavolino rovesciando sul pavimento tutti i soprammobili, poi scagliò una sedia contro la parete.
«Si calmi, signor Ho», commentò gelido l'ispettore, «e mi racconti dall'inizio l'accaduto.»
Hanley teneva sotto controllo sullo schermo del GPS i puntini che segnalavano il percorso del furgone, della limousine e della Peugeot. Tutti avanzavano secondo quanto prestabilito, così egli passò alla fase successiva del piano.
«È ora di raccontargli dei rapimenti», ricordò a un operatore.
L'uomo fece il numero della polizia di Macao e diede loro l'indirizzo di Lassiter. Poi fece la stessa cosa per Iselda. Due minuti dopo alcune auto della polizia correvano verso due luoghi lontani l'uno dall'altro. Era un elemento in più di confusione e di discordanza in una situazione già di per sé caotica.
Sotto il tempio di A-Ma, vicino al Museo marittimo, Linda Ross arrestò la Peugeot e scese. Reinholt, che era seduto di fianco a lei, era stato colpito dalla pallottola che aveva mandato in frantumi lo specchietto e sanguinava dall'orecchio destro.
«Aiutalo fino alla barca», disse a Pryor. Poi corse al molo, dov'era in attesa uno scarab di dieci metri ad alta prestazione. Saltò a bordo, si mise al timone e avviò il motore, mettendolo al minimo. Fatto ciò, balzò di nuovo sul molo e ritornò alla Peugeot. «Fallo salire a bordo e tienigli su la testa», suggerì a Pryor che le passava accanto.
Prese le chiavi dell'auto, aprì il bagagliaio e vi guardò dentro. Diede un giro alla rotella di un timer e aspettò qualche secondo per assicurarsi che il conto alla rovescia partisse, poi tornò di corsa al motoscafo.
«Sei in grado di guidarlo?» chiese a Pryor.
«E anche bene», rispose lui mentre inseriva i comandi.
Ross cominciò a somministrare le prime cure a Reinholt intanto che lo scarab si allontanava dal molo. Era ormai al largo un centinaio di metri, già inclinato sul pelo dell'acqua, quando la Peugeot saltò per aria in una palla di fuoco che illuminò il cielo notturno.
«Esplosione vicino al Museo marittimo», riferì l'operatore della polizia a Po.
«Chiama subito i pompieri. A che punto siamo con le telefonate sui rapimenti?»
«Le pattuglie stanno arrivando adesso al primo dei due luoghi. È una casa nella zona nord. Un secondo gruppo dovrebbe essere tra qualche istante nell'altro posto, un palazzo.»
«Tenetemi informato», ordinò l'ispettore mentre andava alla finestra a guardare la colonna di fumo in lontananza.
Seduto nella limousine accanto a Reyes al posto di guida, Barrett cominciò a togliersi di dosso la divisa della Redman Security. Sotto aveva un paio di pantaloni sportivi e una maglietta nera.
«Dunque, Rick, la cucina di bordo è meglio delle operazioni?» gli domandò scherzando Huxley.
Huxley era seduta sul fondo insieme con Richard Truitt. Aveva indossato una canottiera azzurra sopra il top di cuoio e adesso stava armeggiando per slacciarlo. Dopo che vi fu riuscita e lo ebbe tirato fuori da sotto la maglia, abbassò il finestrino e lo lanciò fuori. Barrett aveva osservato l'intera operazione dallo specchietto retrovisore.
«Non posso dire che la cucina sia così eccitante», le rispose con lo stesso tono.
Truitt accese una luce sulla console centrale dello scompartimento posteriore della limousine, poi tolse un paio di baffi finti da una piccola pochette e se li applicò al labbro. Una volta che li ebbe raddrizzati, estrasse dalla stessa borsa una dentiera e se la mise, dopodiché guardò il risultato nello specchio.
«Ormai staranno già cercando questa macchina», disse mentre si frizionava con il liquido grigio di una bottiglietta.
Reyes, dal canto suo, tirò su all'altezza del petto la camicia della sua uniforme da autista. L'indumento si strappò rivelando sotto un'altra camicia.
Diede uno strattone alle etichette sui calzoni i quali si aprirono lungo le pieghe. «Occhiali da sole», disse rivolto a Truitt, che glieli passò da sopra il sedile. Se li mise. Mentre si svolgeva questa operazione, Huxley si strappava le gambe dei pantaloni di pelle attaccate col velcro e metteva la mano in un vano dello scompartimento posteriore della limousine per prelevare una gonna molto classica: la infilò e chiuse la cerniera. Si staccò poi le ciglia finte e si fece dare da Truitt un sacchetto di plastica con una pezza inumidita per pulirsi il viso dal vistoso trucco.
«Sembra che siamo pronti ad andarcene», disse infine Truitt.
Reyes accostò di lato e i quattro scesero. Presero a piedi per un vicolo e si diressero verso il mercato principale; giunti lì si divisero in gruppi di due. Sul ciglio della strada la limousine attendeva con il motore acceso. Un agente di polizia l'avrebbe trovata in meno di dieci minuti. Ma l'auto era stata ripulita da possibili indizi e non avrebbe offerto molte informazioni.
Qualche metro prima di arrivare Cabrillo schiacciò il tasto del telecomando del garage e la porta cominciò a sollevarsi.
Con il furgone al sicuro all'interno e la saracinesca chiusa, tutti si precipitarono fuori. «Avranno già la descrizione di ciascuno di noi», non perse tempo a spiegare il presidente mentre faceva saltare il coperchio di un contenitore da quasi duecento litri di capacità con il cambio d'abito e il travestimento di tutti quanti. «Quindi cambiamoci alla svelta e andiamocene.»
Prese una cartella da sopra gli abiti, la appoggiò di fianco e si vestì rapidamente. Dopo aver finito, mentre gli altri lo imitavano, aprì la cartella ed estrasse alcuni documenti.
«Due di voi devono stare in città per stanotte», li informò mentre esaminava passaporti e prenotazioni di alberghi. «Non vogliamo troppo movimento di gente che torna alla Oregon. Come sempre la regola è niente baldoria e state dove possiamo raggiungervi di modo che se c'è un cambiamento di programma possiamo avvisarvi.» Fece circolare le varie consegne, poi squadrò il gruppo dei suoi. «Fin qui tutto bene», stava commentando, quando lo interruppe il suono di una sirena in avvicinamento.
Cabrillo corse alla finestra, ma il veicolo continuò per la sua strada. «Un camion dei pompieri. Ross deve essere ormai al sicuro.»
Ritornò dai suoi. «Okay, gente, sparpagliamoci.»
Il gruppo uscì da una porticina laterale e ognuno prese una strada differente.
Pryor manovrò lo scarab intorno alla punta della Penisola meridionale, poi fece rotta verso la Oregon. Ross si era sistemata nello spazio tra i sedili vicino al timone.
«Come sta?» chiese Pryor al di sopra del rumore del motoscafo in corsa.
«Non troppo bene. Ha perso parecchio sangue e anche la parte superiore dell'orecchio.»
«Dannazione se lo sento», saltò su Reinholt.
«Dovremmo contattare la Oregon», propose Pryor, «così preparano l'infermeria.»
«Siamo in silenzio radio. La polizia potrebbe sentire.»
Pryor si girò a guardare l'amico ferito, il quale mostrava tutto il suo coraggio sorridendo. «La Oregon è in grado di controllare tutte le frequenze, giusto?» chiese.
«Terra, mare e aria.»
«E noi dobbiamo mantenere il silenzio sulle bande marine.»
«Esatto.»
«Ma l'elicottero può parlare, perché se tacesse il controllo del traffico aereo avrebbe dei sospetti, giusto?»
«Sì», confermò Ross, che di colpo aveva capito.
Pryor allungò la mano al walkie-talkie appeso alla cintura. «Qualche volta questi aggeggi possono trasmettere anche sulle bande dell'aviazione.»
Ross lo afferrò e premette il tasto della ricerca. Di lì a qualche secondo un 737 bordeaux passò sopra le loro teste e Ross poté sentire il pilota che riceveva l'autorizzazione finale all'atterraggio. Schiacciando PARLA diede il segnale di chiamata per il pilota dell'elicottero che poco prima era atterrato e aveva trasferito Spenser e Crabtree su un'auto in attesa. Era appena tornato per togliersi le cuffie, quando gli arrivò la chiamata. Altri due minuti e se ne sarebbe andato.
«Elicottero quattro-due, raggi-X, Alfa», disse, «sono in ascolto.»
«Sei-tre, rapporto uno Indio», rispose Ross al di sopra del rombo dei motori.
Sessantatré era il numero di Ross nei ruolini della Corporation; Indio era il codice per persona ferita.
Sulla Oregon Hanley prese il microfono. «Elicottero quattro-due, raggiX, Alfa, ricevuto, continuate verso il punto concordato. Sei-tre, rapporto Indio.»
«Otto-quattro.»
«Voglio la scheda di ottantaquattro», gridò Hanley a un operatore, il quale mandò i dati di Reinholt sullo schermo del computer. Il gruppo sanguigno era al primo posto del quadro.
«Sei-tre, capisci?» chiese Hanley. «Bravo, conferma.»
«Sei-tre, ora di arrivo prevista fra cinque.»
«Chiudete la comunicazione», ordinò Hanley.
Ross schiacciò tre volte il bottone. «Dai gas», gridò.
«Vai in infermeria e controlla la scorta di sangue», disse Hanley fissando il computer, «abbiamo bisogno di tenere pronto AB positivo. Quanto a te», proseguì rivolgendosi a un altro operatore, «va' sul ponte a sorvegliare con un visore notturno l'arrivo di Linda. Appena vedi il motoscafo accostare, lampeggia con le luci del ponte, poi aiutala a trasbordare il ferito.»
«Ricevuto», rispose l'uomo correndo via.
Esattamente nello stesso istante il pilota dell'elicottero stava uscendo su un SUV Chevrolet bianco da un ingresso al limite estremo della pista. Si inserì nel traffico, si fermò a uno stop e poi si confuse con le auto che lasciavano l'aeroporto. Stava giusto toccando i cinquanta chilometri orari, quando due macchine della polizia con i lampeggianti lo sorpassarono e poi rallentarono per girare nella via dalla quale lui era appena venuto.
Schiacciando l'acceleratore per sorpassare un autobus, si rivolse a Crabtree.
«Queste erano vicine», disse.
Crabtree teneva la mano appoggiata alla giugulare di Spenser per controllargli il polso.
«Vero, ma noi siamo sempre uccel di bosco.»
Il motoscafo si affiancò alla Oregon e Pryor afferrò una cima che gli era stata lanciata. Legato lo scarab all'imbracatura che lo avrebbe sollevato e trasferito sul ponte, aspettò finché Ross e l'operatore della sala di controllo ebbero condotto fuori Reinholt. Poi mollò le cime e posizionò lo scarab nelle imbracature che erano in acqua. Spense i motori, uscì dall'imbarcazione e si portò presso un interruttore su una paratia vicina. Lentamente lo scarab si sollevò dall'acqua e, una volta che fu all'altezza del ponte superiore, Pryor schiacciò un pulsante che fece ruotare la gru in modo che il motoscafo si trovasse esattamente sopra il ponte. L'operazione aveva richiesto pochi minuti, ed era stato un bene dato che in lontananza, al di là dello specchio d'acqua, si profilava il riflettore di una motovedetta della polizia che perlustrava il mare.
Subito dopo che la gru ebbe descritto il suo arco, Pryor schiacciò un altro interruttore. Dal ponte della nave si innalzarono tutto intorno allo scarab quelle che potevano sembrare quattro lamiere di metallo arrugginito. Un ultimo pulsante, e un tetto mobile fu fatto scorrere fino a chiudere l'imbarcazione. Quando la motovedetta passò lungo la fiancata della nave nel canale, l'uomo era già sottocoperta diretto all'infermeria.